Ritornano alla Galleria Lazzaro by Corsi Agostino Cancogni (Forte dei Marmi 1950) e Riccardo Luchini (Milano 1949 ma toscano d’adozione), entrambi rappresentanti del panorama artistico versiliese ed uniti dal tentativo di rendere visibili forze che non lo sono, pur nella diversità di riferimenti e di riflessioni manifestate individualmente. Alla calma dei paesaggi marini di Cancogni si contrappone il caos delle città di Luchini. Spiagge, nature morte e panorami agresti ben definiti, svuotati da ogni tentazione verista (e quindi oggettiva) per coglierne invece il senso profondo delle risonanze emotive interiori, trovano il loro opposto nella dissolvenza e nel turbinio di vari spaccati urbani, città che non facciamo più in tempo a vedere, città che non più amate perdono la loro consistenza reale e sono colte nell’istante che precede la loro sparizione.
Cancogni, padrone del disegno, si esprime efficacemente con qualsiasi tecnica: olio, pastello, acrilico, affrontando un’ampia tematica; ogni sua opera infatti rappresenta un frammento delle sue emozioni interiori, della sua fantasia. Gli oggetti dipinti diventano campo di esplorazione allo scopo di porre in essere la “metafora” della condizione umana nel mondo contemporaneo. Luchini ha la capacità di far diventare protagonisti del nostro tempo le pause, sapendo usare con maestria il colore e la prospettiva. Ferma l’ immagine di una periferia, come una figura umana solitaria nel grande vuoto desolante della città, come un oggetto di uso comune.
Cancogni, padrone del disegno, si esprime efficacemente con qualsiasi tecnica: olio, pastello, acrilico, affrontando un’ampia tematica; ogni sua opera infatti rappresenta un frammento delle sue emozioni interiori, della sua fantasia. Gli oggetti dipinti diventano campo di esplorazione allo scopo di porre in essere la “metafora” della condizione umana nel mondo contemporaneo. Luchini ha la capacità di far diventare protagonisti del nostro tempo le pause, sapendo usare con maestria il colore e la prospettiva. Ferma l’ immagine di una periferia, come una figura umana solitaria nel grande vuoto desolante della città, come un oggetto di uso comune.
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