“Le icone, i simulacri e il loro potere evocativo” potrebbe essere il sottotitolo di una qualsiasi personale dellʼartista Alexej Koschkarow, bielorusso dʼorigine, tedesco di formazione. Dopo una parentesi pittorica presso lʼAccademia di Minsk in
Bielorussia (di cui ora in Viafarini si manifestano i risultati) lʼiniziazione alla scultura si è compiuta a Dusseldorf.
Da allora, la scultura resta il mezzo espressivo che circoscrive e definisce lʼapproccio dellʼartista senza riassumere integralmente la sua produzione, che nel corso degli anni è sconfinata in eventi performativi, azioni e ambienti compositi.
Chic esorbitato con inconfondibili attrazioni barocche; suggestioni a realtà/motivi distanti e variegati che sono incastonati in cammei dalla rara perfezione e cura morbosa del dettaglio. Dalla classica wunderkammer in cui troneggia il ricorrente
memento mori virato in nero riflettente, a un polveroso archivio (una prigione di carta in cui un teschio fa capolino e si rivela lʼunica maniglia per unʼeventuale via dʼuscita), fino al bagno rivestito di nero e dʼoro in cui ogni arredo funzionante
richiama lʼEgitto classico, i suoi decori, le piramidi e soprattutto i sarcofagi.
Quindi ricorrente nella sua produzione è il tema classico del “trionfo della morte” confinato in sculture o ambienti scultorei che pretendono di conservare una funzionalità e di falsificare i materiali che suggeriscono, siano essi marmo o carta,
ceramica od ossa.
Ora in Viafarini un nuovo progetto che riflette su un altro monumento, in questo caso della storia recente (la monumentalità è unʼulteriore caratteristica saliente del lavoro di Alexej). Il Checkpoint Charlie citato nel titolo della mostra era un noto
punto di passaggio sul confine tra i settori del Muro di Berlino. In funzione dal 1945 al 1990, collegava il settore dʼoccupazione sovietico (quartiere di Mitte) con quello americano (quartiere di Kreuzberg). Situato sulla Friedrichstraße,
all'altezza dell'incrocio con Zimmerstraße, vi era ammesso il passaggio solo di militari delle forze alleate, diplomatici e cittadini stranieri.
Dopo la riunificazione il punto di controllo fu abbattuto e i resti della baracca di guardia originale conservata all'Alliertenmuseum; il 13 agosto 2000 ne fu inaugurata una ricostruzione fedele, divenuta in breve tempo di grande
richiamo turistico. La personale ricostruzione in scala offerta ora da Koschkarow è sottoposta a una revisione con annessa falsificazione storica. Accentuare, esasperare alcuni aspetti con il senno del poi e trasformare questa “baracca di piccole dimensioni” ma di sempiterno valore simbolico in un monumento e monito imponente, tra il saloon e la trincea.
Lʼattenzione dellʼartista non si è fermata solo sul perimetro esterno e sulle sue adiacenze, ma ha trasfigurato in un tripudio di motivi barocchi anche lʼinterno a cui lʼosservatore può ora fare capolino.
Il simbolo di una divisione geografica e culturale difficile da metabolizzare, un luogo di traumi personali e collettivi, diventa per Koschkarow occasione per rincorrere all'ennesima potenza visioni dicotome della realtà e della storia. Il "sentimento"
dell'opposizione e del contrasto, per quanto edulcorato dal manierismo sofisticato della resa plastica e pittorica, si impone come più saliente caratterizzazione di questa immaginifica ricostruzione fantastica.
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